lunedì 6 marzo 2017

Colangelo: "Mandato in pensione dopo l'avvio dell'inchiesta Consip. E i dubbi sono legittimi"

06/03/2017 - Lo sapete chi è Giovanni Colangelo? È un procuratore di Napoli che il 17 febbraio scorso, è andato in pensione. Niente di strano, direte voi, dato che in media ogni anno 70 magistrati lasciano la toga. Ma la questione del suo pensionamento è un po’ diversa dalle altre, perché ci è andato nel pieno dell’inchiesta che fa tremare il giglio magico. Sarà solo una coincidenza? Sembrerebbe proprio di no, dalle sue dichiarazioni rilasciate a Repubblica. “Sono sereno, ma anche un po’ rammaricato. Ovviamente nessuno è indispensabile, però mi sarebbe piaciuto portare a compimento progetti che stavano dando buoni risultati” ha dichiarato in questi giorni. Dichiarazioni che sottolineano la sua volontà di continuare a prestare servizio per la giustizia italiana. Inoltre, il 14 febbraio, ovvero 3 giorni prima del pensionamento di Colangelo, al Senato due parlamentari del Partito Democratico sono stati sostituiti in Commissione Giustizia. 

E sapete perché? Per impedire che votassero un emendamento che avrebbe esteso la proroga e avrebbe potuto lasciare in servizio il magistrato. Ma nessuno ha spiegato il perché della mancata estensione della proroga. 

Quell’uscita di scena è sembrata quasi ad personam. E brucia ancora. Giovanni Colangelo, procuratore di Napoli fino al 17 febbraio scorso, è andato in pensione nel pieno dell’inchiesta che fa tremare il giglio magico. Un addio arrivato inesorabile:nonostante l’impegno istituzionale a mantenere in servizio, almeno fino alla fine dell’anno, i capi degli uffici minori. Mentre ai vertici della Cassazione era stata concessa una proroga.

 L’intervista 

 Dottor Colangelo, ora davvero c’è chi pensa che lei sia stato mandato a casa per aver indagato sul potere renziano. 
«Cosa dire? Capisco la domanda, non la deve rivolgere a me…». 

 Però il dubbio esiste e aleggia in tanti uffici giudiziari. 
«Interrogativo legittimo e interessante. Dico solo che la risposta va forse cercata altrove». 

 Però il diniego alla proroga, inizialmente promessa dal governo, è stato duplice: c’è stata prima la bocciatura istituzionale, poi addirittura quella politica del Pd, quando in commissione Giustizia sono stati sostituiti i due esponenti dem che volevano sostenere l’emendamento a suo favore . 
«In effetti, io stesso ho appreso dai giornali quello che era accaduto in commissione. Credo che la sostituzione dei parlamentari, il giorno prima, sia un unicum, senza precedenti». 

 Un finale di carriera, dopo tante inchieste e successi, che lascia l’amaro in bocca? 
«Non voglio essere vittimista. No: dico che oggettivamente è stato un danno creato per alcuni uffici, e non solo a Napoli, dove ho avuto il privilegio di aver condotto una Procura importante, molto esposta su camorra, corruzione, pubblica amministrazione. E dove ho trovato tanti colleghi bravi. Me ne vado con orgoglio. Forse, un velo di amarezza per le cose che volevo chiudere». 

 Come l’impegno sui minori a rischio? 
«Esatto: un fronte a cui, con i miei aggiunti e con la Procura per i minori stavamo lavorando bene. Poi, mica si chiedevano due anni di proroga? Bastavano quei dieci mesi che a me non cambiavano la vita, ma forse servivano all’organizzazione». 

 Non se lo spiega neanche lei. 
«Qui mi rifaccio integralmente alle parole di Davigo: c’è stato un trattamento differenziato tra magistrati e magistrati. Che ha prodotto un danno per alcuni uffici giudiziari». 

 Fa riflettere il dato che il 5 dicembre Renzi senior viene intercettato, e il 7 un autista avverte Russo che non deve più chiamare Babbo. 
«Non voglio aggiungere nulla. La sequenza di date è corretta».

 Avete avuto materiale incandescente in mano mentre infiammava il duello sul referendum. 
«Sì. Già da novembre, la sensibilità della materia era molto chiara, come i personaggi su cui svolgere accertamenti. Feci una riunione per dire: rigore assoluto perché siamo in campagna pre-referendum e non si può assolutamente rischiare di interferire. Napoli ha fatto come sempre il suo dovere, con grande senso di responsabilità». - FONTE

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